Ciò che nessuno si aspettava è accaduto. Pochi giorni fa sono state pubblicate le motivazioni che il Giudice di Milano ha adottato per condannare il colosso Usa, attraverso i suoi responsabili Italiani, al carcere per violazione delle norme Italiane sulla privacy. I commenti in rete si sprecano e c'è chi, come Scorza - esperto del settore che scrive per Punto Informatico -, parla di sentenza piccola piccola che non chiarisce i dubbi, ed anzi li accresce creando confusione su ciò che è diritto e dovere, libertà e colpevolezza. Per chi non conosce i fatti, si parla della condanna per violazione della privacy riferita ad un video apparso su Google Video circa sei anni fa che riprendeva il pestaggio ad un ragazzino con problemi compiuto dai compagni di classe e ripreso con un telefono cellulare. Il video è riprovevole, non c'è dubbio, ma che colpa ha Google su un video che gira sui suoi server? Sino a ieri nessuna!!

Oggi è altra storia e pare che molti siti online - soprattutto community - che, permettendo la pubblicazione di foto, video e testi, presto scompariranno dal Web facendolo precipitare indietro di almeno una decina di anni. Che la legge vada rispettatta non c'è alcun dubbio, ma di quale legge si parla se anche il Giudice dice che occorre una nuova legislazione?

Nelle 111 pagine della motivazione non tutto è chiaro, non sembra ci sia un riferimento diretto a norme esistenti e a quanto si legge pare che la colpa del motorone sia quella di non aver usato "gli heading tag" nello stralcio di testo dedicato alla privacy di chi viene ripreso nei video come se questo possa creare un qualche timore ad un ragazzetto che per gioco pubblica uno scabroso video rendendolo pubblico e visibile a tutti. Insomma.... il Web in Italia è ad una svolta, anche perchè il giudice sembra non escludere la possibilità di poter esercitare anche la condanna per diffamazione se questa non fosse stata ritirata dalla famiglia del ragazzo. Non viene fatta menzione della Normativa Europea sul commercio elettronico nemmeno per escluderla perchè non applicabile nel caso in esame. Confusione, confusione, confusione.

E nel resto del mondo va anche peggio per Google e similari; infatti, è di ieri la notizia proveniente dal Brasile di una condanna per diffamazione riferita a delle affermazioni contro un prete messe online su Orkut, una specie di social netwok che va per la maggiore in Sud America.

Tutti contro Google dunque, con ragione o con torto, e contro un web senza padroni che purtroppo nella nostra Era non possono non esserci...